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12 aprile 2014 – Sposarsi… e mille altri disastri

matrimonio

Il giorno delle nozze non è mai come te lo immagini.

Si cerca sempre di fare del proprio meglio, spesso più perchè si vuole render felice chi si ama, che per esser felici noi stesse. Ma si sa, qualcosa va sempre storto. E dunque, temevo che quel giorno qualcosa avrebbe turbato la mia serenità e il panico avrebbe avuto il sopravvento.

D’altronde, nonostante avessimo optato per un matrimonio “semplice” con solo 18 invitati, l’organizzazione fino a quel momento aveva dato molti più problemi del previsto: mi ero trovata in balia di una wedding planner improvvisata (che aveva millantato credito sulle sue doti organizzative) che mi aveva fatto pervenire le partecipazioni in estremo ritardo a due sole settimane dal matrimonio, il prete aveva cassato fino al we precedente musica e fiori per via della Quaresima ed era spuntato l’incubo di una presunta macchia sul vestito che avevo deciso di indossare, che era stato l’abito da sposa di mia madre per le sue nozze.

Anche l’auto era stata una scelta trafelata, visto che quella che avremmo dovuto usare (di proprietà del mio allora fidanzato) era andata distrutta a quasi un mese dalle nozze in un incidente stradale (con panico vero e altro notevole stress aggiunto). E per finire, come se non bastasse, da appassionata di viaggi, avevo sottovalutato tutti questi imprevisti e credendo erroneamente che sarebbe andato tutto liscio, avevo deciso di organizzare tutto io per la luna di miele e la cosa aveva finito per prendermi un po’ la mano, catalizzando tutto il mio tempo libero per un mese filato.

Insomma, le premesse non erano sicuramente le migliori e la deprivazione da sonno era ormai mia fedele amica. Ma ormai la frittata era fatta e la serenità raggiunta era più quella di chi pensa che tanto è meglio rilassarsi e accettare le cose così come vengono, godendosi il bello, anzichè rosicare per ciò che eventualmente non funziona.

E così, eccomi sveglia la mattina verso le 10. Tutti trafelati che corrono, mentre io, in una calma irreale, vado in sala da pranzo e guardando dalla finestra il mio giardino mi preparo il mio caffèlatte in pigiama, quasi fosse un sabato normale.

Sei agitata?” chiedono tutti.

Chissà perchè uno dovrebbe essere agitato. In fondo convivo da 2 anni. Cosa volete che cambi?

E invece cambia. E tanto anche. Oltre ciò che ti potresti aspettare. Ma prima, non te lo immagini neanche.

Guardo la mia fedina d’argento che ormai da due anni abbraccia il mio anulare sinistro e sorrido.

Bipbip! È l’sms del fotografo, amico del mio fidanzato, che in ritardo sparato sulla tabella di marcia, deve raggiungere casa mia, portandomi l’auto per la cerimonia. Ma non un’auto normale. Un’auto del car sharing. Sì, lo so che vi sembrerà assurdo. Ma in preda al panico organizzativo del “a chi chiediamo l’auto per la sposa ora che la nostra si è disintegrata su un guardrail”, a Stefano è venuta un’idea bizzarra. Eravamo usciti a cena, a Milano dove abitiamo. E visto che non si trova mai parcheggio e lui è fanatico dello sperimentare tecno-novità, avevamo deciso di prendere a noleggio un’auto parcheggiata vicino a casa, col car sharing di Enjoy.

E così, tra una birra e un sushi, ecco che gli viene un’idea bizzarra… “perchè non usiamo Enjoy per sposarci?“. Li per li pensavo scherzasse. Poi la cosa ha preso piede. “E’ rossa, è divertente, è alternativa e poi dai… c’è scritto Enjoy! Quale migliore augurio per un matrimonio?“. Non potevo certo dargli torto e così, sull’onda del “matrimonio alternativo”, ho acconsentito.

Ma torniamo a quel sabato fatidico. Mentre scrivo indicazioni stradali via sms al fotografo, suona il telefono. È la truccatrice.

Si chiama Laura come me, conosciuta per sbaglio grazie ad un sito internet, pochi giorni prima del matrimonio e assoldata al volo, dando rapida disdetta a quella precedentemente assunta, che mai mi aveva convinto.

È simpatica, gentile, energica. E già vederla, mi rilassa in mezzo alla follia generale. Sembriamo le uniche che con il panico da matrimonio non c’entrano nulla.

Trucco e pettino prima tua mamma e tua sorella. Vai a farti un bel bagno relax che alle 12.30 trucco e pettino te con calma” mi dice. La prendo in parola e mi infilo nella vasca da bagno, senza pensare a nulla. Accendo l’idromassaggio e mi perdo per mezz’oretta tra le bolle.

Uscita dalla vasca, avvolta nel caldo accappatoio, raggiungo mamma e sorella in sala da pranzo, disposte di fronte alla finestra per il trucco. Sono belle. Tanto. Come mai le ho viste prima. Laura ha fatto un lavoro incredibile.

È riuscita a convincere anche mia mamma a farsi truccare, nonostante in 30 anni sia riuscita a malapena a farle mettere di rado solo un rossetto.

È il mio turno. Mi infilo una vestaglia e mi preparo per il trucco, mentre mia sorella corre al vivaio a prendere il bouquet di girasoli, rose bianche e bacche rosse.

Nel frattempo chiama Stefano “Amore, sono passato dal ristorante. Ho controllato che la wedding planner facesse tutto come volevi. Stai serena, è tutto a posto. E in chiesa ho già disposto i libretti per la messa. I fiori li han già portati, ti piaceranno. Tu a che ora arrivi?“.

Sono le 12.30. Se il matrimonio è alle 15.30 a che ora vuoi che arrivi la sposa?! Sorrido e capisco che è impaziente. Lui che diceva che non si sarebbe nemmeno voluto sposare e pochi mesi dopo era li, in auto, davanti al lungolago di Arona con un solitario in mano, un sorriso e Marry You di Bruno Mars nell’autoradio. Ma si sa, gli uomini fanno sempre i “duri”, ma sottosotto…

La pettinatura è qualcosa di semplice. Ho tagliato appositamente i capelli alle spalle e ho comprato un cerchietto con fiocchetto e veletta, così da ricordare un’acconciatura anni 70, in linea col vestito che è originale di quell’epoca. Tra phon e pochi colpi di spazzola eccomi pronta. Mentre Laura inizia a truccarmi ecco squillare nuovamente il telefono. “Laura non capisco, sono qui al vivavio. Dicono che senza scontrino non mi danno il bouquet. Parlaci tu!“. È mia sorella, in totale panico. Cerco di far ragionare la cassiera dicendole che gli accordi erano che avrei mandato mia sorella e che sarebbe bastato dire il nome della prenotazione, ma non c’è nulla da fare. L’addetta che ha confezionato il bouquet è in pausa pranzo e tornerà a matrimonio iniziato.

Può una sposa sposarsi senza il bouquet?! Ci mancava solo questa.

Grazie a Dio, a dispetto delle critiche altrui, sono una delle persone più ordinate e precise che conosco ed ecco che in una calma surreale, stupendomi di me stessa, apro il portafoglio ed estraggo lo scontrino. Lo do a mio cognato che raggiunge mia sorella. Mi richiamano. “Lo scontrino era per tutti gli addobbi floreali e comprendeva anche il bouquet, ma le voci non sono dettagliate e la cassiera dice che l’importo scritto è troppo alto per essere del bouquet e non ce lo vuole dare“. Respiro. Sorrido. Mi passano di nuovo la cassiera e con molta gentilezza la esorto a chiamare l’addetta in pausa. Fortunatamente tutto si risolve e mentre già penso ad andare a tagliare al volo qualche rosa dal giardino di casa, ecco comparire sorella e cognato, vittoriosi. Il bouquet intanto però è rimasto in attesa per un po’ fuori dalla cella di raffreddamento e, grazie alla simpatica commessa, è stato appoggiato su un banco bagnato e dunque, ha il nastro che lo avvolge totalmente zuppo. “Pazienza, asciugherà!” mi dico.

Laura è incredula per quanto successo e continua a ripetere “Ma si può mandare in ansia una sposa?! ma che disgraziati!“. A dire il vero è più agitata e arrabbiata lei di me e la cosa mi fa sorridere, soprattutto perchè è diventata in poche ore così “di famiglia” che si è presa a cuore la situazione. Sono le 13. Vista l’ora decidiamo di mangiare qualcosa. Preparo un toast al volo per tutti e siamo pronte a ripartire col trucco. Laura mi porge uno specchietto, ma decido di vedermi solo a risultato ultimato.

Dopo una decina di minuti ecco comparire finalmente il fotografo che, vedendomi, attacca col fare molteplici aprezzamenti su trucco e parrucco, che mi fanno pensare che Laura stia facendo un egregio lavoro.

Una punta di mascara ed eccomi pronta. Et Voilà! Guardo lo specchietto e resto incredula.

È riuscita a cancellare tutto. La stanchezza, le occhiaie. Tutto. E mi ha reso bellissima. Sopra ogni mia più rosea aspettativa. Guardo il fotografo che sorride e mi esorta “Su su dobbiamo fare le foto!

Gli porgo le fedi, con e senza cuscinetto per le foto di rito e mentre mia mamma va a vestirsi, lui le posa sul tavolino del salotto e fa qualche scatto. Finite le foto alle fedi, ecco che inizia il valzer delle foto ai presenti. Tra una foto e l’altra ci spostiamo tutti di stanza in stanza, tra la ricerca delle scarpe, cellulari che suonano e mille altre distrazioni, in una danza incredibile.

Iniziamo le foto di rito. In casa, in giardino, con i familiari, con la mamma, con il nipote. Mille foto. Infinite foto.

Ultimi dettagli e si è pronti a partire. Non mi piacciono le spose che arrivano in ritardo. Non tanto almeno e sono già le 15.30.

Mamma prendi le fedi così le mettiamo in auto, sono in salotto” dico.

Amore guarda che qui non ci sono!“, risponde.

Panico. Dove sono finite le fedi?!

E mentre il fotografo è al telefono con Stefano che chiede dove siamo finiti, inizia la disperata ricerca delle fedi nuziali per tutta la casa. “Non ci credo che avete perso le fedi!“, dice Stefano al telefono col fotografo, ridendo “Mi state prendendo in giro!“. Ma dopo 15 minuti eccole sbucare dal frigorifero. Non si scoprirà mai chi è stato così sbadato dall’infilarcele per sbaglio.

Siamo tutti pronti. L’auto Enjoy, pulita e rossa fiammante, è rimasta parcheggiata in strada davanti a casa.

Esco al fianco di mio cugino che gentilmente ha deciso, ignaro di tutto, di fare le veci del padre e accompagnarmi all’altare. Alla finestra nei palazzi di fronte, incuriositi da quella strana 500 rossa lucida con la scritta “Enjoy”, ci sono tutti i miei vicini affacciati. Un cliente della tabaccheria di fronte a casa, uscendo mi vede ed esclama “Viva la sposa!“, facendo spostare l’attenzione in un secondo dall’auto a me. E tra urla di auguri, applausi e sorrisi, imbarazzata come non mai, salgo in auto.

La sposa sono io. È proprio vero. E quella gente urlante e festosa alla finestra, me lo ricorda, forte e chiaro. Per anni ho visto “le spose” passare per il mio paese. Le ho incrociate fare foto sul ponte degli scalini o lungo il Naviglio. Per anni ho visto quegli sguardi immortalati da mille fotografi. Ma ora ci sono proprio io li. Io che mai avrei pensato avrei potuto fare questo passo. Un brivido mi percorre dalla testa ai piedi e l’ansia inizia a salire.

Una parte di me vorrebbe che fosse già tutto finito, un’altra vorrebbe darsi alla fuga e un’ultima non vede l’ora di entrare in chiesa e vedere i suoi occhi, così da ricevere la rassicurazione che “Va tutto bene”.

Diamo tempo alla mia famiglia di arrivare e parcheggiare e con molta calma, una calma surreale, arriviamo sul sagrato. Vedo una faccia amica. Un caro amico che, seppur non invitato alla cena, è venuto a vederci. Una gioia incredibile. Mio cugino non fa neanche in tempo a scendere dall’auto che io, impaziente, mi sono già richiusa la portiera alle spalle e sono li, col mio bouquet in mano e le gambe tremolanti, pronta a varcare la soglia.

Mio cugino mi raggiunge, si mette alla mia destra, mi prende sotto braccio e inizia un accenno di marcia nuziale.

Taaatatttaaataaaaaaa…….

Mi guardo intorno, ma non riesco a vedere. L’emozione è troppo grande e tutto è così surreale che mi sembra di correre. In fondo alla chiesa c’è lui. Ma sono così emozionata che non vedo niente e nessuno, seppur lo cerchi con lo sguardo. Sulle note di “Amazing grace” raggiungo finalmente Stefano davanti all’altare. Un sorriso e ci sediamo.

Quel che è successo dopo, nella cerimonia, è stato un lungo interminabile attimo.

Se doveste chiedermi cosa è successo, nonostante abbia scritto io il libretto, scelto le musiche e tutto il resto, non saprei rispondervi. Ricordo solo di averlo guardato e di aver visto l’uomo che stavo per sposare e aver pensato che stavo facendo una cosa incredibile. Ma l’agitazione non c’era. Non più. C’era una insolita pace, una calma, una serenità. Niente lacrime. Solo gioia, gioia immensa. Una festa.

E incredula, ho detto sì.

Stefano si è incartato e, nonostante gliel’avessi ripetuto un mare di volte, ha infilato l’anello ancor prima di aver detto la formula, quasi avesse paura che gli scappasse il dito. E tra un sorriso e l’altro, siamo usciti dalla chiesa e siamo stati investiti dal lancio di riso.

Per fortuna che, furbamente, in fondo ai conetti avevo messo un po’ di carta crespa, così che la quantità di riso è stata ridotta! Nonostante questo mi sono ritrovata il riso ovunque per tutti i giorni a seguire!

Terminate le foto con qualche amico venuto a festeggiarci, siamo andati al ristorante per il rinfresco e la cena.

Una miriade di candele, lanterne e luci soffuse ad attenderci in un locale lungo naviglio, raggiunto in pochi minuti a piedi dalla chiesa. Qualche divanetto, siepi a mo’ di recinto, ombrelloni e relax e un sacco di prelibatezze da leccarsi i baffi, proprio come ci eravamo immaginati. E foto, tante foto.

Nonostante sia Aprile è la prima giornata assolata e calda del mese e gli invitati, pur con abiti leggeri, alle 18 sono ancora li che ridono e brindano al sole.

Dopo un’oretta arriva il momento del lancio del bouquet. Ma gli invitati sono solo 18 e di questi, i papabili sono ben pochi. Così, sull’onda dell’animo festaiolo e del prosecco, coinvolgiamo qualche coppietta di giovani passanti che si aggregano divertiti al lancio.

La fortunata è la mia testimone, nonchè migliore amica. Felice, fingendo di non averlo preso intenzionalmente, sorride al fidanzato presente. Mentre cerca di dissimulare, il testimone dello sposo, sogghignando alla grande, ha ripreso tutto col cellulare e condivide al volo il video su facebook tra le risate generali, nel quale si vede lo scatto da pantera appena fatto.

È ora di cena e saliamo tutti al piano superiore. Un solo grande bellissimo tavolo reale. Un intimo e caldo tripudio di candele, girasoli e margherite ci attende, ben disposto su di una lunga tovaglia di lino bianco.

Sui piatti, bastoncini di cannella legati da un nastro giallo, con un piccolo girasole di stoffa e tre confetti, con il ringraziamento per i commensali, creati da una onlus della zona a noi molto cara.

È tutto perfetto e nonostante si sia già sazi dall’ampio aperitivo, si procede alla degustazione dei due primi e dei due secondi, innaffiati da abbondante lambrusco bianco e rosso.

Tra risate, racconti di episodi miei e di Stefano e prese in giro, la cena prosegue alla grande. Le bottiglie di Ceci sono rivestite di resina e sono presentate con un gessetto in coordinato. E così, tra un brindisi e l’altro, ecco che tutti fanno a gara per scriverci un pensiero, uno scherzo, una frase carina.

Mangio come mai prima e la mia felicità è ai massimi livelli: ho sempre detestato impegnarsi tanto per poi ritrovarsi a non poter mangiare nulla, o perchè si corre di tavolo in tavolo a dar retta a tutti gli ospiti, o perchè si è presi in mille foto. No. Io il mio matrimonio me lo volevo godere. Appieno.

E così, finite poche foto fatte prima dell’aperitivo, eccomi rincorsa dal fotografo mentre mangio un fritto di pesce o arraffo una crocchetta. Non avrò forse foto da copertina, ma mi sono goduta tutto. Non avrò forse foto da copertina, ma ho tutte le persone che più amo intorno a me e posso godermi la mia cena, comodamente seduta al mio posto, potendo guardare negli occhi ognuno di loro e parlargli senza che nessuno si senta escluso o meno considerato.

È una festa, una vera festa. Quasi fosse una di quelle cene di famiglia che si organizzano a Natale. Quelle che fai in casa, intorno all’albero, dove i sorrisi sono tutti veri e nessuno vorrebbe essere altrove.

Per il caffè si scende nuovamente al piano di sotto. Una grande moka fa il suo ingresso, insieme alle tisane, al rhum, al cioccolato e ai dolci al cucciaio.

E infine, la torta. Una torta semplice, composta da frutti di bosco su una morbida base di pandispagna con panna montata e una piccola coppietta buffa con un cuore, posta al di sopra.

Stappiamo l’ultima bottiglia di Abissi e brindiamo.

La serata è finita e nonostante i nostri buoni propositi, abbiamo fatto veramente tardi.

Recuperiamo le bottiglie con le scritte degli invitati e risaliamo in auto, ormai sposi, terribilmente stanchi, ma felici, pronti per partire per il nostro viaggio di 3 settimane in Giappone.

Ma se pensate che il racconto, per quanto lungo, sia finito qui, vi sbagliate.

No, non voglio raccontarvi il viaggio di nozze, tranquilli. Il giappone va vissuto, è talmente meraviglioso che sarebbe impossibile descriverlo a parole. Ma quel che importa è che i colpi di scena non son finiti qui.

Se è vero infatti che avevamo deciso di affittare la macchina di Enjoy per fare una cosa scherzosa e divertente e rimediare al problema dell’auto per la sposa, è vero però che mai ci saremmo aspettati di finire per questo sul giornale!

E invece.

Dopo un paio di giorni di luna di miele, aprendo la posta con un wifi di fortuna, eccoci invasi di mail e messaggi di amici che ci inviavano i plurimi articoli di giornale.

Laura la prima sposa italiana in car sharing“, titolano.

Non ci posso credere! Scoppio in una fragorosa risata.

E tra una risata e un po’ di imbarazzo e incredulità, eccovi la fine del mio racconto.

E ripensando a tutto quanto, oggi mi viene da dire…

Chi l’avrebbe mai detto qualche anno fa che tutto questo sarebbe potuto accadere?

Commenti

2 commenti su “12 aprile 2014 – Sposarsi… e mille altri disastri”

  1. Mi è sembrato di partecipare al tuo matrimonio! Mi piace lo stile che hai scelto , il fatto che hai evitato molti sprechi, che hai optato per delle donazioni al posto delle bomboniere ed hai invitato solo le persone che ti sono davvero care!
    Un saluto e tanti auguri! 🙂

I commenti sono chiusi.